di Salvo Barbagallo
Probabilmente siamo alla vigilia di una nuova guerra vicino casa nostra e la Sicilia, ancora una volta, è un trampolino per azioni belliche che la collettività non conosce, e dalle quali può avere principalmente solo ricadute negative. La concessione “ufficiale” dell’utilizzo delle installazioni militari “italiane” in parte “occupate” autonomamente da potenza straniera alleata, gli USA, sembra non riguardare chi ha il governo della Regione, in tutt’altre faccende occupato. In questi giorni apparentemente “calmi” ma sicuramente frenetici per coloro che hanno interessi di “pacificazione” nella Libia in guerra interna e con l’Isis jihadista, quanto sta avvenendo a Sigonella, alle porte di Catania, sembra vicenda estranea.
Luca Frusone, deputato M5S, ha dichiarato 48 ore fa in commissione Difesa: “I fatti sono chiari: l’Italia sta per entrare in guerra e questo in barba alle risoluzioni dell’Unione europea che prevedevano, prima di un’azione in terra libica, un mandato del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e il consenso del governo libico. Quello stesso esecutivo unitario, faticosamente costruito negli anni, che ha condannato i raid Usa con i droni partiti proprio dalla base militare di Sigonella, in Sicilia (…) Concedendo lo spazio aereo ai droni americani, l’Italia sta appoggiando una guerra illegale e l’ennesima iniziativa unilaterale di una potenza militare i cui confini sono lontanissimi da quelli della Libia, al contrario di quelli italiani, e che può innescare una escalation analoga a quella che nel 2011 ha portato caos e distruzione in Libia e contribuito a impiantare in quel paese il terrorismo di Daesh”. Probabilmente il deputato Luca Frusone non è a conoscenza che non si tratta esclusivamente del “nulla osta” del governo italiano per i futuri raid dei droni da Sigonella, ma di questione più importante che si riferisce alla “concessione” di pezzi di territorio siciliano alle forze militari USA che possono agire autonomamente senza bisogno di alcun “permesso” speciale dell’Italia. E ciò nonostante le assicurazioni del ministro Pinotti che l’utilizzo della base di Sigonella da parte delle forze militari americane “è di volta in volta discusso e autorizzato in coerenza con le linee di politica estera e di difesa e con la strategia italiana che il governo ha più volte esplicitato al Parlamento”.
C’è costantemente una mistificazione di fondo sulla presenza militare statunitense in Sicilia, che nessuno mostra intenzione di chiarire in quanto gli accordi Italia-USA (o “patti” o “protocolli”, chiamateli come volete) ricadono nel segreto di Stato e quindi non resi noti nella loro completezza. Accordi che si dipartono dagli Anni Cinquanta sino ai giorni nostri. In questi accordi è esplicitata la concessione di parte della base dell’aeronautica militare italiana di Sigonella agli USA che, in forma “stabile, da decenni hanno installato la Naval Air Station della US Navy. Cioè, una parte di Sigonella è “Station” (Stazione) statunitense, e a “casa loro”, gli americani fanno quello che vogliono, anche se hanno il dovere di “notificare” quel che fanno.
Scrive su RID (Rivista Italiana Difesa) Pietro Batacchi: Dalla base di Sigonella stanno partendo raid mirati condotti da UAV REAPER americani contro obbiettivi dello Stato Islamico in Libia. Il Governo italiano ha concesso la relativa autorizzazione da un mese, ma non si può escludere che questa in realtà sia stata concessa anche prima e che il tutto sia venuto alla luce solo adesso (…) La base in questione per la precisione è la Naval Air Station Sigonella dell’US Navy, ovvero una base americana e non NATO, la cui operatività è regolata da un Technical Agreement tra Washington e Roma del 2006 (…).
Come abbiamo scritto in altre circostanze, gli accordi si fanno e si disfanno a secondo le convenienze. Ma è difficile capire come Stati che firmano Trattati internazionali, non prestino poi fede alla loro stessa firma. E non ci stancheremo di fare riferimento e ricordare quanto sottoscritto nel Trattato di Pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate – Parigi, 10 febbraio 1947 dall’Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste, dal Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, dagli Stati Uniti d’America, dalla Cina, dalla Francia, dall’Australia, dal Belgio, dalla Repubblica Sovietica Socialista di Bielorussia, dal Brasile, dal Canada, dalla Cecoslovacchia, dall’Etiopia, dalla Grecia, dall’India, dai Paesi Bassi, dalla Nuova Zelanda, dalla Polonia, dalla Repubblica Sovietica Socialista d’Ucraina, dall’Unione del Sud Africa, dalla Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia, designate quali «Le Potenze Alleate ed Associate da una parte e l’Italia dall’altra parte, che specifica all’articolo 50, comma 3 e 4 quanto segue: “Non sarà permesso alcun miglioramento o alcuna ricostruzione o estensione delle installazioni esistenti o delle fortificazioni permanenti della Sicilia e della Sardegna; In Sicilia e Sardegna è vietato all’Italia di costruire alcuna installazione o fortificazione navale, militare o per l’aeronautica militare, fatta eccezione per quelle opere destinate agli alloggiamenti di quelle forze di sicurezza, che fossero necessarie per compiti d’ordine interno.”
E ogni commento ulteriore sarebbe veramente superfluo.